“Lo Hobbit” di J.R.R. Tolkien merita un secondo adattamento cinematografico

Io sono ancora qui che prego il Rosario, mi confesso, vado a Messa ma continuo anche a sostenere che Lo Hobbit meriti un’altra trasposizione cinematografica. Continuo a dirlo a distanza di quasi 5 anni dalla conclusione della prima trilogia su celluloide. Per carità, la trilogia di Jackson/Del Toro (poi vi spiego perché ci ho messo anche Del Toro) mi era (è) anche piaciuta… però… però credo che il film del libro debba ancora esistere ed essere fatto. Credo che il libro debba ancora ricevere la trasposizione che meriti.

Credo che l’essenza sostanziale “estraibile” dalle pagine del manoscritto datato 1937 debba ancora essere realmente compreso e tradotto in materia come meriti. Troppe le cose che nella trilogia originale mi fecero pensare, ai tempi, “dietro questo prodotto ci sarebbe lo stesso direttore de Il Signore degli Anelli?”. Un nuovo adattamento cinematografico, ragazzi. Ci vuole un nuovo lungometraggio basato sull’opera cartacea. Qualcuno, fosse anche solo e nuovamente lo stesso zio Peter, che riprenda il romanzo, ottenga un budget contenuto, ci metta tanta buona fede e faccia un nuovo adattamento concettualizzato, tecnico e stilistico del romanzo tolkieniano. Vi dico io come lo vorrei.

“Linee guida per un eventuale e ipotetico
nuovo adattamento cinematografico”

Budget, quanti film fare e durata – Ci vuole un budget modesto, di quelli poveri e asciutti, di quelli che si aggirano intorno ai 30-45 milioni di dollari. Basta un solo lungometraggio: niente trilogia, niente suddivisioni in parti. Basta un unica pellicola da 180 minuti. Volendo, si potrebbe anche realizzare un unico film da quattro ore da distribuire al cinema nella versione tagliata da tre ore per poi pubblicare l’inevitabile extended cut integrale per l’home-video.

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Sceneggiatura, fedeltà d’adattamento e libertà creativa – Fedeltà massima, totale e assoluta al romanzo: niente libertà spontanee o programmate, niente soluzioni intrusive “libertine”, niente incursioni di eventuali volontà filo-creative da parte degli autori. Niente libertinaggi pseudo-artistici, niente diversificazioni dalla fonte o variazioni dettate da raziocini di marketing di vario tipo. Voglio vedere quel che si legge tra le righe del libro: tale e quale a come è stato concepito e scritto da Tolkien. Ripeto e sottolineo la massima fedeltà e coerenza con quanto scritto nel libro. Non un fotogramma che non derivi dal libro. Non un dettaglio che non sia stato scritto nel romanzo. Niente storie d’amore tra elfi e nani. Niente elfi che tirano frecce danzando sui barili in preda a coreografie da circo. Tutto ciò che va fatto è ciò che si legge tra le pagine del libro. Basta seguire il libro, pagina dopo pagina. Niente di più e niente di meno: leggere e poi trasportare. Niente “ma io qui ci metterei qualcos’altro…”. No. Attieniti al testo e va dritto.

Presupposti di produzione: uso della materia e del digitale – Sulla falsariga della trilogia de Il Signore degli Anelli, l’eventuale nuovo adattamento dovrà seguire le medesime linee guida di produzione del precedente ed illustre adattamento tolkieniano: uso massiccio della materia, poco digitale e usato soltanto quando necessario. Tutto ciò che si vede dev’essere vero, tangibile, “toccabile” e sensibile ai sensi umani. Tanta materia, attori in carne ed ossa, scenografie, costumi, oggettistica ed elementi vari veri, materiali, che si possono toccare, vedere, annusare e sentire. Digitale ridotto ad una comparsa ausiliare, di supporto, usato solo quando richiesto in natura. Un live-action realizzato sfruttando tutto ciò che è reale. Come per ISDA.

Fotografia – Voglio una fotografia sognante e incantata verosimile a quanto visto in ISDA. Colori che rispecchino una realtà alternativa fittizia di matrice fantasy. Una visione grafica creativa da mille e una notte. Possibilmente colori naturali, generati in post produzione attraverso un processo di correzione chimico. Se poi la correzione debba avvenire in digitale, non è di certo un “male” e ben venga, basta che il look ricreato sia verosimile ad un mondo “reale” e non falsato come se fosse uscito da un videogioco. Non voglio un look di quelli odierni come se ci trovassimo dinanzi componenti in CGA. Dev’essere talmente credibile che quando vedi i colori esclami: “quel verde esiste e non è uscito da un videogioco”. I colori devono essere i più belli del mondo. Una visione fotografica da esposizione al museo. Analogico o digitale poco importa alla fine: basta che sia un mondo colorimetrico credibile ma sognante e maturo. Come ISDA.

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Spazio e protagonismo dei contenuti – Ogni parte deve durare quanto merita: proporzionale ai contenuti del libro e all’importanza storica, narrativa e “sinottica” ad essi data dall’autore. Il run-time predisposto per la guerra finale dev’essere soggetto ad una necessità narrativa più contenuta. Una parte che nel libro dura 7 pagine non può durare necessariamente due ore e mezza. Non significa nemmeno che debba durare venti minuti, certo, ma nemmeno un film intero. 30 a 40 minuti potrebbero essere più che sufficienti. Voglio più Beorn.

Cosa non portarsi dietro dalla trilogia di Jackson – Niente estensioni, diversificazioni, rivisitazioni, modifiche e aggiunte di carattere “mainstream” appositamente concepite per l’adattamento; niente spettacolarizzazioni da cinema di massa; niente Tauriel; niente love story tra l’elfa e il nano; niente Legolas, Saruman e personaggi di importazione non presenti nel libro, buttati lì per fare marketing; niente sequenze inventate; niente giganti che lanciano rocce di pietra; niente fughe da caverne con visuale bidimensionale stile videogioco 2D; niente side-quest che nel libro vengono a malapena citate; niente Azog (è morto durante la guerra di Moira e durante i fatti de Lo Hobbit non esiste nemmeno!); niente trilogia portata a “trilogia” forzatamente; niente allusioni di carattere sessuale (ricordate l’elfa al nano durante la prigione nella casa degli elfi?); insomma, niente trashate per l’audience di massa.

Effetti visuali speciali – Da attuare quando necessario per tradurre in immagini le informazioni presenti nel libro. Solo quando richiesti in natura. Sulla falsariga di ISDA, opto e voglio effetti visuali speciali “manuali”, di carattere artigianale, veri quanto la natura sensibile e materiale. Uso del digitale solo quando richiesto nonché solo quando strettamente necessario (avete presente i 10.000 uruk-hai, no?). In sostanza, lo voglio in gran parte in live-action con l’ausilio complementare del digitale, usato come supporto secondario.


E voi, cosa ne pensate? Se siete d’accordo con me, anche solo in minima parte, fatemelo sapere. Se siete in disaccordo, fatemelo sapere comunque. Se volete proporre la vostra “visione”, scrivetela nei commenti. Se volete farmi sapere in quali cose concordate e in quali no, accingetevi di conseguenza a scrivere nei commenti. Che dire ancora? Se qualcuno dovesse offrirmi il ruolo di regista, lo farei io stesso. Ah, già, “dimenticavo”. Dovevo dirvi perchè ho inserito Del Toro accanto a Jackson all’inizio… in realtà non ne ho voglia. Ma, se vi documenterete e avrete intuito, lo scoprirete. Alla prossima!

2 pensieri su ““Lo Hobbit” di J.R.R. Tolkien merita un secondo adattamento cinematografico

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