Visita all’Abbazia di S. Andrea Apostolo di Borzone (GE) | Una chiesa millenaria, un cipresso storico e una valle di montagna da mille e una notte

Mi scrive un sms, lo apro e leggo Abbazia di Borzone, sabato mattina, con amici. Saliamo con un monaco e facciamo pranzo lì. Mi dico, ma si dai, quasi quasi mi aggiungo e vado anch’io, tanto il sabato non ho niente da fare. Il venerdì sera sono indeciso, mi chiedo se ne valga la pena, se accadrà qualcosa di memorabile, se il viaggio e la fatica verranno ripagati, se avrò voglia e se sarò nello stato psicologico che mi consentirà di partire o se, invece, catturato dall’assenza di voglia, rimarrò a casa a girare attorno al tavolo. Nel frattempo, passo la serata a studiarmi la strada su google maps. Sembra tutto molto semplice.

L’indomani mi sveglio indeciso. Poi, colto da un illuminazione mentre sedevo in bagno, luogo di ispirazioni mistiche, decido di partire e di raggiungerlo. Chiedo a mia madre se può preparami qualcosa da mangiare. Le chiedo semplicemente un piatto di riso e nient’altro. Nella mia mente, bastava solo il riso, il resto non importava. Mi preparo e la raggiungo in cucina, dove mi aspettavo di trovarmi una scatolina di plastica con del riso dentro. E invece trovo:

  • 200g di riso
  • 2 banane
  • 100g di pollo
  • Un panino enorme con prosciutto cotto lungo almeno 24cm
  • Coltello e posate
  • 1litro di acqua

Le mamme, penso.

Il tempo di prepararmi e si fanno le 10.45 circa. Esco e vado così verso l’A1 in direzione Milano e sono ufficialmente le ore 11. Raggiungo Parma, svolto a destra subito dopo l’uscita del capoluogo ed entro in A15, il tragitto Parma-La Spezia. Poco prima di avvicinarmi all’uscita del comune toscano, entro in A12, la bretella La Spezia-Genova, ed esco a Lavagna, comune confinante con Chiavari, parte della Città Metropolitana di Genova (ex provincia). Due ore e sono arrivato. Sono le ore 13 e qualcosa.

Giunto a Lavagna raggiungo Chiavari (un raggiungimento fattibile in 45 secondi, data la locazione confinante dei due comuni), poi mi avvio in direzione est, verso l’entroterra ligure. Tutto come previsto, almeno fino ad ora: il percorso è come l’ho visto su google maps. Tuttavia, man mano che salgo verso Borzonasca, comune di provincia che accoglie all’interno del proprio territorio comunale la frazione-località di Borzone, il tragitto non era così semplicistico come avevo visto “dall’alto”, senza ravvicinare la visuale e senza piazzare l’omino giallo in strada.

Quello che non avevo notato e che i piccoli ponticelli che passano sopra il fiume sono molti di più. Inoltre, alle rotatorie, la strada che bisogna prendere è si “dritta”, ma in realtà corrisponde a volte alla prima uscita, il che rende asimmetrico il disegno del tracciato, causando confusione nella mia testa. Devo girare a destra, eppure su google maps questa uscita mi appariva come la continuazione lineare della stessa strada antecedente alla rotatoria.

E’ così proseguo da Chiavari a Borzonasca e poi dritto verso Borzone, località riconosciuta, sperduta e abitata da circa quattro persone nell’area orientale delle montagne liguri. Molto in alto. Dopo un tragitto più o meno verticale con cartelli stradali che mi indicavano il comune come se fosse dietro l’angolo, raggiungo finalmente Borzonasca; prima del ponticello sul fiume, c’è un vicolo laterale sulla destra, un piccolo portale che permette di inoltrarsi in una traversa di destra che lascia alle spalle qualsiasi traccia di urbano, di costruzione, di abitato e di presenza del genere umano e che conduce verso la montagna, sperdendo e disorientando il viaggiatore con una stradina tra le più strette, tortuose e pericolose che abbia mai trafficato. Anzi, la più stretta, tortuosa e pericolosa sulla quale abbia mai guidato.

La stradina lascia alle spalle il comune e qualsiasi traccia di esseri viventi e si inoltra in uno spaccato di pura natura, che conduce fino alla cima della montagna, dove non c’è assolutamente niente se non la natura stessa e la montagna, vera protagonista di questo luogo. 30 minuti dopo aver superato Chiavari, dopo essermi fermato due volte per essere certo della direzione e dopo tre o quattro curve che mi hanno fatto avere timore della morte, giungo in cima. E sono davvero in alto.

Faccio l’ennesima curva e vedo finalmente alcune macchine. Sono arrivato dai, penso. Mi tranquillizzo. Un altra piccola curva ancora sbuca subito dopo quella precedente (che a sua volta era l’ennesima), con le macchine posteggiate di lato che rendono molto stretto il tracciato, quando vedo, una volta svoltato a sinistra, un altra curva. Pericolosa, stretta, senza protezioni laterali, con un dirupo ai lati alto quanto la torre Eiffel.

Mi fermo con la macchina. Parcheggio a destra, dinanzi la prima casetta abitata che vedo. Sento odore di barbecue, fumi di arrosto, cani abbaiare e lavori manuali in corso. Voglio raggiungere la curva a piedi e vedere cosa c’è dopo. Voglio capire se vale la pena proseguire con la macchina o se è meglio procedere a piedi. Per mia grazia, un ragazzo con della legna in braccio esce dall’abitazione.

“Scusa! L’Abbazia di Borzone è qui? Sono arrivato?”

“Guarda, è proprio qui. Subito dopo la curva, ce l’hai davanti”

“Quindi supero la curva e sono arrivato!”

“Esatto”. L’accento non mi sembra ligure. Mi sembra inclinato verso il toscano.

Allora decido di tornare in macchina e di fare quest’ultimo atto di coraggio: superare l’ultima curva in macchina. Lo faccio. E quello che mi ritrovo davanti è esattamente questo: l’Abbazia antica, millenaria, unica al mondo per architettura; un cipresso meraviglioso posto dinanzi; una biforcazione che porta ora all’Abbazia, ora ad un piccolissimo e limitato parcheggio, nonchè un panorama mozzafiato. Finalmente qui, penso.

C’è silenzio, natura, fresco (e non freddo, nonostante la stagione invernale) e sopratutto tanta bellezza naturale e storica. L’aria è fantastica. La vista è un insieme di splendore, ovunque ti giri. Ora potrò finalmente vederlo, penso. Vedere il mio caro amico. Lui, che mi ha fatto conoscere la storia e la preghiera della Sanguinazione del Santo Volto di Gesù, quando ci trovavamo a Roma assieme.

Poco dopo ci incontriamo. La giornata va avanti, visito l’Abbazia, osservo il panorama. Penso, osservo, rifletto, contemplo. Di cose fatte e di persone incontrate ne sono venute. Ma il racconto, per ora, termina qui. Il resto, o almeno quello che ho visto, ve lo faccio raccontare dalle foto.

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9 pensieri su “Visita all’Abbazia di S. Andrea Apostolo di Borzone (GE) | Una chiesa millenaria, un cipresso storico e una valle di montagna da mille e una notte

    1. Quando stavamo andando via, che dovevamo scendere verso Chiavari, ho pensato di fare una foto assieme, ma poi mi è passato dalla testa e non mi è più venuto in mente di chiedertelo… la prossima volta ne facciamo 89. Per compensare quelle che non ci siamo ancora fatte.

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